Il comportamento dell’Impresa, analizzata dalle circostanze andamentali, è una variabile molto importante del rating
creditizio, forse la più facile da gestire ed influenzare, ma altrettanto la più facilmente ignorata e non considerata dall’impresa.
Ciò infatti che fa rabbia, dal punto di vista di un osservatore esterno, è constatare ogni volta come l’imprenditore prenda sottogamba e sottovaluti l’importanza di un comportamento
coerente e regolare con la banca, o, peggio, non se ne renda
neppure conto.
Il contratto di conto corrente che ogni Impresa stipula
con la propria banca, implica il rispetto di alcune semplici norme
comportamentali, cioè di tenuta regolare del conto che ognuno
conosce, e che soprattutto provengono da valutazioni di buon
senso.
Ogni contratto è composto da una serie di atti reciproci,
che se vengono rispettati regolarmente, non creeranno mai un’inadempienza: Se ho un contratto di affidamento per cassa di
10.000 euro, e sto all’interno di quel limite, non sarò mai inadempiente nei confronti della banca, ma se lo supero, in quel
momento scatterà da parte mia un comportamento di inadempienza che potrà essere o meno tollerato dalla banca, consentendo che io usi maggiori fondi per un determinato periodo, in attesa che termini il mio irregolare comportamento. Il tutto si conclama con la classica telefonata del direttore, per esempio per un assegno parzialmente scoperto o una riba passiva non interamente coperta, in cui l’imprenditore si impegna a rifondere in breve tempo il maggior debito ed il Direttore acconsente.
Quante volte succede in azienda un episodio del genere?
Soprattutto quante volte accade senza che l’imprenditore lo sappia, dato che la gestione della banca è affidata al dipendente amministrativo più anziano e quindi, si presume di maggior fiducia?
Ma soprattutto il dipendente stesso, ha ben chiara la
questione sconfini, andamentale, rating e così via?
L’esperienza ci dice che i maggiori danni sull’andamentale sono proprio causati dall’ignoranza di tali informazioni, ignoranza in assoluta buona fede lo ribadiamo, che oltretutto si iniziano a concretizzare quando non ci sarebbe una situazione di
emergenza a giustificarli.
Per comprendere bene l’effetto ed il significato dell’andamentale sul rating, dobbiamo infatti ragionare come ragiona la
banca e non come ragiona l’impresa. Se si ha il controllo della
propria azienda, non è possibile che si verifichino sconfinamenti
straordinari per cause ordinarie di gestione; L’informazione che
oggi scade una ricevuta bancaria per cui non c’è copertura, non è
una novità a cielo sereno, ma è una informazione che era disponibile in azienda da almeno 30 o 60 o più giorni, e che se ci fosse
stata una corretta tenuta degli impegni di cassa in entrata ed in
uscita, sarebbe stata gestita in maniera corretta.
Quindi lo sconfinamento è indice di una insufficiente gestione della tesoreria e questo è un dettaglio negativo nei confronti dell’Impresa.
Altro esempio è un ritardo nel pagamento di una rata di
mutuo, magari anche di lieve entità. Che si doveva pagare il
mutuo, è un’informazione presente in azienda fin dall’erogazione
dello stesso, visto che si segue un piano di ammortamento stabilito all’inizio dell’operazione, quindi il non avere i fondi al momento del pagamento significa non avere il controllo dei propri
flussi. Inoltre, se l’azienda non riesce a pagare con puntualità i
mutui esistenti, potrà mai pagare con puntualità un ulteriore
prestito?
Per la banca, insomma, non esistono disguidi o dimenticanze, esistono “anomalie”, più o meno gravi, ma nessuna di
questa ha scusanti, perché tutte derivano da una inadempienza
contrattuale del correntista. Ed il fatto che il Direttore della Filiale od il Gestore le tolleri, non vuol dire che le autorizzi o che non
ci siano del tutto; ci pensano i software a memorizzarle, raggrupparle e presentarle nel momento in cui c’è da prendere una decisione (nuovo prestito si o no?) o da aggiornare il rating bancario
(cosa che viene di norma fatta automaticamente ogni sei mesi).
Uscendo dall’ottica bancaria, dobbiamo però enfatizzare
che moltissime di queste “anomalie” si verificano in momenti
normali della vita dell’impresa e non in situazioni di emergenza o
di criticità. Questa “leggerezza” da parte dell’impresa è una colpa
a cui non ci può sottrarre; tra l’altro compie dei danni sulla reputazione bancaria dell’Impresa che sono molto difficili da scardinare e per cui serve un comportamento perfetto ed intonso per
tantissimo tempo, dato che le anomalie restano segnate per
mesi e mesi, dopo che si sono verificate.
Discorso a parte merita la questione “insoluti”. Ultimamente la crisi economica (e l’aumento conseguente di quelli che
“ci marciano”) ha fatto esplodere la frequenza con cui avvengono gli insoluti, vale a dire il mancato pagamento delle ricevute
bancarie o delle fatture alla corretta scadenza inizialmente pattuita.
Quasi come una verità strisciante, si insinua il “siamo tutti sulla stessa barca”, il “siamo tutti nella crisi” e il livello di tolleranza, in questi momenti di difficoltà, aumenta.
L’imprenditore stesso, se può, a sua volta non onora i suoi impegni con i fornitori non pagando riba o fatture. Si è scatenato quindi una sorta di “domino” di insolvenze che, a catena, travolge tutta la nostra economia che, in pratica, quando paga, si “prende” trenta giorni in più strutturalmente. Questo è ovviamente il punto di vista dell’imprenditore.